Tecniche di Vinificazione 2:
la vinificazione in rosso
Come si fa il vino rosso
La vinificazione in rosso, praticata operando un prolungato contatto con le bucce delle uve, è propedeutica all’ottenimento del vino rosso. Con tempi di macerazione più brevi, invece, si possono produrre vini rosati con diverse intensità di colore, mentre se si separano le bucce dopo la pigiatura, il prodotto che si ottiene è un vino bianco.
La fase che distingue nettamente la vinificazione in rosso da quella in bianco, dunque, è la macerazione, cioè il contatto delle bucce con il mosto liquido, che a poco a poco si trasforma in vino. Il tempo di macerazione, oltre al carattere del vitigno ed agli interventi che si possono realizzare durante la fermentazione, è uno dei fattori decisivi per permettere la dissoluzione dei pigmenti e delle altre sostanze presenti nelle bucce. La pigiatura iniziale deve essere sempre soffice, per evitare un’eccessiva estrazione dei tannini, e per questo la diraspatura viene realizzata contemporaneamente o, sempre più spesso, anche prima della pigiatura. Inoltre, l’eliminazione dei raspi riduce la quantità di aromi erbacei e di alcol assorbito durante la fermentazione.
La fermentazione del vino
Il mosto ottenuto è posto nei fermentatori, quasi sempre in acciaio inossidabile o in vetroresina, nei quali, dopo l’addizione dei lieviti selezionati, inizia a fermentare a contatto con le vinacce (bucce e vinaccioli).
La fermentazione di alcuni vini rossi può concludersi anche in barrique, dove il vino che si sta formando è arricchito dalle componenti aromatiche del legno.
Molti vini rossi sono prodotti in genere con una macerazione di 10-15 giorni. Per alcuni, particolarmente leggeri e da consumarsi giovani, è ridotta a 4-5 giorni, mentre solo pochi mosti vengono lasciati macerare fino a 4 settimane. La temperatura elevata di fermentazione è un altro fattore che aumenta la dissoluzione delle sostanze nelle bucce, ma non sempre mantiene la qualità del vino. È necessario quindi raggiungere un compromesso, spesso intorno ai 25-30°C, per non danneggiare i lieviti in fermentazione e non alterare le caratteristiche organolettiche del vino.
Durante la fermentazione le vinacce tendono a formare in superficie uno strato compatto, chiamato cappello delle vinacce, che impedisce un buon contatto con la parte liquida. Per ovviare a questo inconveniente e favorire l’estrazione, il mosto è rimescolato con la follatura o il rimontaggio.
Attualmente i fermentatori in acciaio sono dotati di una doppia parete, all’interno della quale circola una soluzione refrigerante che mantiene fredda la superficie delle pareti, mentre l’agitazione meccanica rompe il cappello delle vinacce e favorisce l’abbassamento della temperatura del mosto. In alternativa, la fermentazione è svolta a cappello sommerso, con un diaframma forato che tiene il cappello delle vinacce al di sotto del livello del liquido, favorendone l’intimo contatto con il vino che si sta formando.
Il raffreddamento del mosto
La temperatura ottimale alla quale i lieviti svolgono la fermentazione oscilla tra i 15-30°c. Se la temperatura è più bassa la loro azione viene inibita, mentre se è troppo alta la fermentazione diventa incontrollabile. La fermentazione alcolica produce energia che si libera sotto forma di calore, che porta la temperatura fino a valori che danneggerebbero i profumi e la qualità del vino. Inoltre, oltre i 37°C l’azione dei lieviti viene bloccata. È per questi motivi che si ricorre alla refrigerazione del mosto in fermentazione, soprattutto nelle zone più calde.
Nella produzione di vini importanti da lungo affinamento, attualmente si ricorre spesso al delestage, svolto di norma un paio di volte a macerazione. Alla metà o alla fine della macerazione si toglie, cioè, dal serbatoio tutta la parte liquida del mosto, lasciando all’interno solo quella solida. Successivamente il liquido è reinserito dall’alto o dal basso e rompe in modo completo il cappello formato dalle bucce.
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